Scopriamo chi è Fofò Ferriere e la sua filosofia di cucina!
Raffaele (Fofò) Ferriere, classe 1960, è un personaggio che non si inquadra né facilmente né difficilmente. Nè con una definizione singola. Tantomeno con un unico aggettivo.
Uomo di spettacolo va bene. Organizzatore di eventi pure. E ugualmente ristoratore. Lo stessi dicasi per esperto enogastronomo. Ma comunque resta complicato anche assegnare un ordine a questi termini. Si corre, infatti, il rischio di dimenticare qualche altra sua attitudine.
Ogni espressione per lui sembra escluderne l’altra. E ognuna, in realtà, rappresenta un’ennesima sfaccettatura della sua poliedrica personalità. E seppure lo etichettassimo come imprenditore del gusto non basterebbe. Non foss’altro perché l’altra sua grande passione, quella per la musica, risulterebbe fagocitata dalla prima.
E allora, anche se a qualcuno piace chiamarlo ristorattore, resta unicamente Fofò. Per noi come per il resto del mondo. E soprattutto per lui che fa della semplicità e dell’immediatezza due ragioni di vita.
Il carattere di Fofò Ferriere
Fofò Ferriere è per carattere allegro e scanzonato come ogni napoletano che si rispetti. Eppure è sempre preciso e puntuale nelle sue affermazioni. E le motiva con spiegazioni competenti e dovizia di particolari non comune. Lo riconosci dal berretto che indossa. E che lo rende, già nell’aspetto, una voce fuori dal coro.
Il suo tempo è scandito da sempre dai colori e dalle forme dell’orto. Del resto, madre natura, in quel di Napoli e nella Campania in generale, regala abbondanti raccolti. E questa venerazione per i prodotti del territorio, insieme a musica e spettacolo, è il filo conduttore della sua filosofia di vita. Prima ancora che gastronomica ed artistica.
Mettiamo un altro punto. Sia per quanti incontrano Fofò Ferriere per la prima volta sia per chi lo conosce da sempre. Tutti restano letteralmente incantati dalla sua capacità di affabulare l’interlocutore. E, del resto, lui di concetti da esprimere, affermazioni da puntualizzare o falsi miti da sfatare ne ha da vendere.
Lo stile narrativo di Fofò Ferriere
E’ un piacere sentirlo parlare. Il suo stile narrativo è chiaro e diretto. Il suo modo di dire è arricchito spesso da un linguaggio preciso. Parla di contenuti interessanti. Ma volentieri si concede qualche licenza dialettale.
E infatti spesso ripete una frase oramai diventata storica. “Meglio parlare un buon dialetto che un cattivo italiano”. Ha solo voglia di raccontare. E lo fa boicottando a prescindere paroloni complicati e sofisticazioni di qualsiasi genere.
E allora il vero ed ammaliante spettacolo diventa lui. Quando lo si sente narrare di cibo e della tradizione culinaria della sua Campania. Una regione custode di tutti quei rituali antichi che hanno segnato la sua come la nostra infanzia. Profumi e sapori che hanno scandito quella succulenta quotidianità tanto cara alle nostre nonne. Frutti di un territorio – felice per definizione atavica – ricercati, studiati. E soprattutto valorizzati con un’abnegazione lontana da tecnicismi e compromessi di qualsiasi natura. L’obiettivo è unicamente alla loro celebrazione più sincera.

Un percorso intrapreso da Fofò Ferriere quarant’anni fa
Il là a questo percorso culturale che Fofò Ferriere ha intrapreso risale a quarant’anni fa. Parliamo diun viaggio che porta tuttora avanti con la stessa dedizione. E che parte dalla secolare attività di famiglia.
Prima nonno Raffaele, poi papà Giuseppe (così come diversi zii e cugini) gestivano un’avviata macelleria. E gli insegnano, sin da bambino, tutto ciò che c’è da sapere sulla selezione delle carni e il modo più corretto di lavorarle. Un’eredità che attecchisce su un talento naturalmente predisposto a scoprire, selezionare e celebrare le eccellenze gastronomiche. Dall’allevamento all’agricoltura.
L’amore per lo spettacolo di Fofò Ferriere
Con ineguagliabile autoironia e indicibile forza d’animo, Fofò Ferriere coltiva anche un altro grande amore: lo spettacolo.
Anno 1978. Col diploma in tasca, si iscrive alla facoltà di ingegneria. Ma dopo un anno lascia gli studi. E asseconda la sua inclinazione come attore di cinema e teatro.
Le partecipazioni a trasmissioni Rai, Mediaset e delle nascenti emittenti libere italiane non si contano. Così come le esperienze di recitazione collezionate con grandi registi. Per di più sui grandi palcoscenici teatrali del Belpaese.
L’incontro tra Renzo Arbore e Fofò Ferriere
Risale al 1992 l’incontro tra Renzo Arbore e Fofò Ferriere lo fa approdare a Rai 1. L’occasione è il programma “Caro Toto”. Nel frattempo, fonda “La banda degli onesti”, primo gruppo rap italiano.
Da attore a manager e produttore il passo è breve. Dal 1995 si sperimenta dall’altra parte della barricata. Lavora come organizzatore eventi, concerti ed allestimenti teatrali. E lo fa con successo con grandi artisti.
Da executive manager lega al suo nome a importanti kermesse. A cominciare con Sanremo e proseguire col Festivalbar. E segue in questa veste numerosi tour di personalità del jet set internazionale. Tanto in Italia ed Europa quanto in America.
I Pooh, Umberto Tozzi e Federico Salvatore (di quest’ultimo è stato anche il manager personale) sono alcuni nomi che ci vengono in mente.

Il Tallioo Tavern Beer di Fofò Ferriere
Sempre senza mai dimenticare la passione per il cibo, negli stessi anni inaugura il Tallioo Tavern Beer. Una birreria dalle strutture tipiche del nord Europa in quel di San Giorgio a Cremano. E ancora oggi la trovate salda al civico 15/19 di via Roma.
Il locale viene insignito di numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali (su tutti, citiamo volutamente solo il titolo di “Accademia della birra” nel 1992 e quello di “Migliore birreria d’Italia” nel 2008).
L’intera famiglia di Fofò Ferriere a lavoro con lui
L’attività, che è una sorta di polo del gusto, vede a lavorare con lui l’intera famiglia. Tra birreria, taverna, caffetteria, pasticceria e bottega dei sapori.
E nel mentre le porte dei suoi locali accolgono esibizioni di cabarettisti, attori teatrali e musicisti. Le note, quindi, rientrano prepotenti dalla porta principale.
Gli orti della cultura
Ma forse sono “Gli orti della cultura” a sacramentare il coronamento di questo riuscitissimo matrimonio d’amore tra musica e cibo. Si tratta di un’associazione con sede a Sarno presso la cooperativa agricola Danicoop.
Qui si sancisce un’unione sacra. Sancita tra i valori della sapienza esperienziale di medici, docenti ed esperti della gastronomia e le conoscenze del mondo dell’agricoltura.
Il metodo Freeman del maestro Beppe Vessicchio
Al centro del progetto il metodo Freeman del maestro Beppe Vessicchio che è un grande esperto enogastronomo.
Ha messo a punto un’originale sperimentazione agro-musicale. E ha messo in evidenza i benefici apportati dalle frequenze dei suoni ai prodotti dell’orto. Il segreto? L’armonizzazione delle loro molecole con la musica.

Il gruppo di lavoro
Fanno parte, del gruppo di lavoro innanzitutto il presidente Eduardo Ruggiero (che è a capo anche della Danicoop) e il figlio Paol. Insieme a diversi docenti universitari. Nonché esperti del settore, scrittori e gastronomi.
Luigi Frusciante e Raffaele Sacchi docenti presso la Facoltà di Agraria di Portici. Insieme alla ricercatrice Patrizia Spigno, Enzo Salerno dell’Università degli Studi di Salerno. E Michele Scognamiglio della “Federico II” di Napoli. Tutti uniti da un unico filo conduttore. La passione per i pomodori.
L’amicizia Tra Fofò Ferriere e Carlin Petrini
Come non citare, ancora, l’amicizia tra Fofò Ferriere con Carlin Petrini. Grazie a lui continua il suo percorso di approfondimento sulle produzioni tipiche regionali d’Italia. E fa sua la filosofia slow fino a guadagnarsi l’appellativo di “integralista del gusto”.
Le biodiversità agricole di Fofò Ferriere
L’attenzione di Fofò Ferriere, inoltre, si concentra sulle biodiversità orticole. Si afferma come punto di riferimento per la promozione di alimenti in via d’estinzione.
Dal ketchup (ricetta originale di Pittsburgh realizzato con il pomodoro San Marzano Dop) alla “conserva” (concentrato) realizzata sempre con lo stesso pomodoro. Poi c’è il “centogiorni”. Che è una varietà di pisello vesuviano (oggi Presidio Slow Food) di cui si guadagna il titolo di Ambasciatore.
Fofò Ferriere crea un proprio brand di conserve denominato “Il Cuore di Fofò”. E deve tanto alla guida esperta della ricercatrice Spigno.
Successivamente c’è l’incontro con Gustarosso, il marchio della famiglia Ruggiero. Che a Sarno, dal 1910 ha fondato la Dani Coop. Una società cooperativa agricola di oltre 60 soci, specializzata nella produzione del San Marzano.
Attraverso la ricerca e produzione della linea di prodotti “Passata da maestro” nascono “L’Adagio di Fofò”, il “Mommò” e il “Piccerillo”.
La collaborazione con Berardino Lombardo
La collaborazione con Berardino Lombardo è un altro tassello importante. Lombardo è un altro grande appassionato ricercatore del gusto che vive ed opera in quel di Vairano Patenora.
E c’è anche un nutrito gruppo di appassionati gastrosofi che Fofò Ferriere ama definire “compagni di merenda”. Troviamo il maestro casaro Giuseppe Iaconelli, il salumaio Tonino Casale e il maestro di strada Salvatore Pirozzi. Insieme al formatore Federico Samaden e lo chef Massimo Barattiero. Sono loro a dar vita all’associazione “L’Albero Fiorito”.
E’ lontano mille miglia dalla necessità di “mercificare i prodotti” Fofò Ferriere. E conclude con una frase significativa.
“Gli alimenti sono sono importanti per divulgare la conoscenza, l’antico sapere. Raccontano i territori e mi rifaccio a quanto sosteneva Mario Soldati. Lo straordinario cantore di percorsi e prodotti identitari diceva che quando viaggiamo non possiamo portar via la bellezza di un luogo e il culto dell’ospitalità. L’unico modo è attraverso i prodotti”.