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venerdì, Marzo 14, 2025
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Pomodoro, la storia dell’oro rosso campano

Scopri la storia del pomodoro, l’oro rosso campano!

Il pomodoro può essere rosso, giallo, tondo o allungato.Del piennolo, San Marzano Dop, datterino o ciliegina… A chi di noi non piace o chi non lo mangia almeno un paio di volte a settimana? Parliamo non di un prodotto, ma del prodotto principe della tavola mediterranea che regala ad ogni piatto un sapore inconfondibile.

pomodoro

Certo, c’è pomodoro e pomodoro! Si potrebbe scrivere un trattato per capire quale varietà usare per preparare insalate, sugo o bruschette. Conoscere quali benefici svolge per la nostra salute e ribadire che è il benvenuto nelle diete ipocaloriche. Qui ci vogliamo soffermare sulla sua storia e sulla sua progressiva affermazione quale alimento fondamentale della dieta mediterranea. E’ ricco di acqua e minerali antiradicali liberi quali zinco e selenio, nonché di vitamine antiossidanti come la A e la C utili a contrastare l’invecchiamento cellulare. Vanta poi un ottimo contenuto di fibre solubili che saziano senza irritare l’intestino.

 

Sua maestà il pomodoro viene da molto lontano. La sua storia comincia in età precolombiana in America del Sud e in particolare Cile, Ecuador e Perù. Sono stati gli Spagnoli a portarlo in Europa nel XVI secolo. Usato come pianta ornamentale perché considerato velenoso a causa del suo alto contenuto di solanina, gli sono stati attribuiti per secoli poteri afrodisiaci ed eccitanti. E diventa poi ingrediente di pozioni e filtri magici di alchimisti e fattucchieri. Ci è voluto Robert Gibbon Johnson che nel 1820, per sfatare l’errata diceria sulla sua dannosità, mangia un pomodoro davanti ad una folla attonita.

 

Oggi, sulla nostra tavola non c’è piatto che non preveda almeno una variante rossa. Tanto è vero che il ragù, emblema e simbolo della cultura culinaria meridionale, viene preparato con questa bontà visto che l’habitat ideale per sua la coltivazione diventa il bacino del Mediterraneo. La prima volta che fa capolino in un libro è nel ricettario a firma del cuoco marchigiano Antonio Latini. Lavorava come scalco ossia capocuoco al servizio del reggente spagnolo del viceregno di Napoli Esteban Carillo y Salsedo. E’ lui nel suo Scalco alla moderna del 1693 a descrivere una salsa di pomodoro alla spagnuola preparata con cipolle, timo, sale, olio, aceto, peperoncino e appunto pomodoro.

 

pomodoro

 

A decretare la nascita del pelato, invece, è stato nel 1773 Vincenzo Corrado. Ne “Il cuoco galante” spiega che “per servirli bisogna prima rotolarli su le braci o, per poco, metterli nell’acqua bollente per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca”. In Francia è consumato come cibo nelle corti reali, in Italia si appropria subito dei fornelli del popolo. Più di un secolo dopo, nel 1839, Ippolito Cavalcanti nella “Cucina teorico – pratica” lo consacra a condimento perfetto, nella versione salsa, per la pasta di grano duro. Il suo rosso sgargiante e il suo profumo sono stati beneauguranti, dunque.

 

Si deve a Francesco Cirio la produzione a livello industriale di pomodori conservati verso la fine dell’Ottocento. E da questo momento si moltiplicano anche i suoi derivati. Il cavaliere Brandino Vignali ne recupera l’estratto e contemporaneamente, in provincia di Salerno, si sviluppa la tecnica per produrre i pomodori pelati, specialmente per quelli dalla forma allungata coltivati alle pendici del Vesuvio. La genialità arriva quando lo si abbina alla pizza, altro piatto cult della nostra tradizione gastronomica.

 

Oggi non esiste donna che non se ne serva per “colorare” primi e secondi. E assicurare un gusto speciale ad una semplice pasta e lenticchie, una fettina di carne alla pizzaiola e una bruschetta con olio, aglio e origano. Ma a chi o a cosa è dovuto il suo nome? Forse al medico toscano Pietro Andrea Mattioli che, riferendosi alla qualità gialla, conia il termine “mela aurea” o “pomi d’oro”. Il riferimento è alle mele d’oro che crescevano da un albero del leggendario Giardino delle Esperidi.

 

*Foto IStock

Maristella Di Martino
Maristella Di Martino
Giornalista Enogastronomico

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