Ecco la ricetta di Pappalardo per lo sviluppo del Salernitano!
Il territorio, per Ernesto Pappalardo, va visto come laboratorio di sviluppo sostenibile e filiere asimmetriche. Il direttore di Salernoeconomy, testata on line di economia, ci spiega come, quanto e quali sistemi vanno avviati nel Mezzogiorno per favorirne la rinascita.
Partiamo, come sostiene Pappalardo, dalla certezza che l’agricoltura e quindi il settore food sono occasione irripetibile per il benessere sociale.
R. “Esattamente, da anni l’alimentazione è centrale nei nuovi stili di vita e nella spesa delle famiglie. Non mi riferisco solo a chi può spendere! Anche quando non si può acquistare cibo di qualità, si riducono i volumi per accaparrarsi il meglio, soprattutto se biologico”.
D. Siamo nel pieno di un cambiamento epocale, quindi, vero?
R. “L’approccio culturale al cibo è migliorato. Si sono create nuove prospettive ed opportunità di crescita economica. Il concetto chiave è la necessità di legare tra loro vari ambiti di produzione e servizi. Questi hanno in comune la rielaborazione del concetto di territorio come vero e proprio laboratorio di sviluppo sostenibile“.
D. Una grande opportunità di rilancio dell’economia anche per i giovani…
R. “Ci sono molti altri segnali che avallano questa impostazione. Innanzitutto la riscoperta dell’imprenditorialità agricola da parte degli “under 35”. C’è il convincimento che la terra non è più sinonimo di lavoro povero ma di nuova frontiera per realizzarsi al sud”.
D. E’ necessaria una sinergia tra pubblico e provati per realizzare tutto questo?
R. “Mettendo insieme i vari “pezzi” del mutamento in atto gli orizzonti si aprono. Fondamentale è che tutti i soggetti, pubblici e privati, creino la “rete” anche in termini di contrattualità vantaggiosa. Vanno definite nuove alleanze di territorio con un unico standard di riferimento. Penso al grado di attrattività in base alla qualità diffusa espressa”.
D. Pappalardo, può essere più preciso…
R. “Mi riferisco alla qualità della vita, non solo per i turisti ma anche per i residenti. Vale a dire attenzione all’efficienza del ciclo di rifiuti ed acque o monitoraggio dell’impatto ambientale delle attività produttive. E’ importante fare manutenzione e recuperare giacimenti culturali, artistici e paesaggistici. Poi valorizzare dei patrimoni enogastronomici e rendere compatibili le coltivazioni e molto altro ancora”.
D. Non è una partita semplice da giocare, però.
R. “E’ tra le più insidiose! Ci si scontra con posizioni radicate da decenni nel tessuto socio-economico e politico delle regioni meridionali. Ma, a pensarci bene, è anche l’unica battaglia che può davvero partire dal basso. Esiste un esercito di “under 35” che ci ha messo la faccia. Ha scelto di rimanere al sud investendo nell’agricoltura intelligente ed innovativa. Un esempio per tutti è la Piana del Sele”.
D. Quindi la scelta obbligata si chiama coesione sociale, giusto Pappalardo?
R. “I territori si sfidano sulla strategicità. Questa non è soltanto uno slogan facile per catturare consenso politico. L’unico capitale su cui si può e deve investire quello sociale/relazionale. Significa stimolare e accompagnare la costruzione di reti virtuose locali. Solo così potremmo intercettare i flussi di produzione della ricchezza internazionali”.
D. Tutto questo, però, ripartendo dal basso…
R. “Ovviamente si. Va privilegiata la logica dell’inclusione che, naturalmente, si traduce in rafforzamento delle dinamiche di coesione. Senza dialogo non si va da nessuna parte. Si perdono per strada “pezzi” importanti di consenso sociale. Auspico un concetto di comunità totale”.