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Il bio made in Italy piace sempre più

di Ernesto Pappalardo*

Il bio made in Italy piace sempre più. Le imprese individuano come principale sbocco l’Europa che copre il 77% del fatturato estero realizzato nel 2018. La Francia è il primo mercato di destinazione (22%) seguita dalla Germania (17%).

Dalle numerose analisi e proposte emerse nel corso del 31esimo Salone internazionale del biologico e del naturale (Sana-Bologna6-9 settembre 2019) i prodotti biologici italiani conquistano nuovi consumatori. “È a doppio senso la relazione Italia-resto del mondo – si legge in una nota per la stampa – per il comparto biologico: da un lato, c’è il bio made in Italy molto apprezzato oltre confine e ulteriormente valorizzato anche dalla tradizione agroalimentare del nostro Paese – l’export nel 2018 è cresciuto del 10% superando i 2 miliardi e 200 milioni di vendite – dall’altro si registra un interesse crescente da parte di produttori esteri per il mercato italiano. Trend che trova conferma nelle sempre più numerose aziende straniere interessate a partecipare a Sana”. Nell’edizione 2019 gli espositori esteri sono aumentati del 33% rispetto al 2018. Fra le novità un’incisiva presenza di aziende giapponesi, circa 20 produttori del settore food su coordinamento di Jetro-Japan External Trade Organization. Significativo l’impegno di Sana nel programma di incoming, organizzato con il supporto di Ita-Italian Trade Agency “per incentivare l’incontro tra le aziende espositrici della manifestazione e i buyer delle delegazioni commerciali in visita. 30 i paesi rappresentati dalla Ue ed extra Ue. L’attenzione alle esportazionit si è concretizzata anche attraverso l’Osservatorio Sana 2019, che ha sviluppato una analisi del posizionamento competitivo del bio made in Italy sui mercati esteri, con due approfondimenti dedicati alla Russia e al Giappone”.

I mercati di destinazione del bio italiano

Secondo l’Osservatorio Sana 2019 “le imprese italiane del bio hanno come principale sbocco l’Europa, che copre il 77% del fatturato estero realizzato nel 2018. La Francia è il primo mercato di destinazione per i prodotti agroalimentari bio italiani (22%), seguita dalla Germania (17%). Altri mercati europei rilevanti sono la Scandinavia (7%), la Spagna (6%), i Paesi Est europei (6%) e il Benelux (6%). Tra i paesi terzi, emergono invece gli Stati Uniti, il Giappone (6%) e la Cina (3%)”.

I punti di forza del bio italiano sui mercati esteri

Quali sono le caratteristiche che decretano il successo del bio made in Italy sul mercato estero? “Oltre al rapporto qualità/prezzo (27% delle imprese la indica come prima caratteristica di successo), sicurezza/controlli (23%) e qualità organolettiche (20%) sono il biglietto da visita del nostro bio. Sono considerati elementi di successo anche la reputazione (apprezzamento, affidabilità) associata ai brand delle nostre aziende (15%), la presenza di certificazioni aggiuntive (Dop, Igp) e la capacità di offrire prodotti/ricette innovativi (5%)”.

Gli ostacoli del bio italiano sui mercati esteri

Secondo le aziende italiane “gli aspetti che rappresentano i maggiori ostacoli alla vendita dei propri prodotti bio all’estero sono le normative/burocrazie locali (percepite come ostacolo dal 46% delle imprese) e i vincoli doganali/tariffari/logistici (37%), mentre gli aspetti che destano meno preoccupazione sono le caratteristiche strettamente legate al prodotto, la capacità di riscossione dei crediti all’estero e la capacità aziendale di offerta. Per le imprese che non esportano, il principale ostacolo è invece rappresentato dai costi logistici (li considerano tali il 56% delle non esportatrici)”.

Russia e Giappone: tra fattori di successo e aree di miglioramento

Focus dell’Osservatorio 2019 i mercati di Giappone e Russia, “entrambi con ampi margini di crescita, rappresentano una sfida interessante per il biologico italiano”. I dati di superfici e operatori in Russia “evidenziano, al 2017, un balzo in avanti a tre cifre: +108% nelle superfici coltivate a bio (da 315 mila ettari a 657 mila ettari) e +166% nel numero di operatori del settore (da 112 a 186)”. Il mercato del bio in Giappone “è più rilevante: 1,4 miliardi di euro (1,5% del mercato bio globale). Il consumo annuale pro-capite (11 euro) dimostra ampi margini di crescita. Secondo l’istituto di ricerca Yano il 55% dei punti vendita alimentari presenta un’offerta bio”. Le superfici investite ad agricoltura bio in Giappone “sono assai ridotte (meno di 10mila ettari, lo 0,2% della superficie agricola totale); sono cresciute del +10% dal 2010 al 2016. Secondo Nomisma ci sarebbero, quindi, significativi margini di miglioramento per le aziende italiane del bio”. Tra i principali ostacoli alla vendita di produzioni biologiche in Russia si individuano “i vincoli doganali/tariffari/logistici (49%), le normative e burocrazie locali (45%) e i costi di promozione del prodotto (30%)”. Per quanto riguarda il Giappone “sono invece i costi logistici il primo ostacolo all’export secondo il 45% delle imprese, seguiti ancora una volta, dai costi per promuovere il prodotto (44%) e dai vincoli doganali/tariffari/logistici (34%)”. Guardando invece “agli elementi di forza: per il 79% e il 61% delle imprese italiane, il primo fattore che decreta il successo delle produzioni biologiche italiane in Russia e in Giappone è l’interesse a priori verso i prodotti Made in Italy. Seguono la crescente attenzione dei consumatori verso il bio e i prodotti salutistici (il 40% la indica come fattore di successo per la Russia e il 60% per il Giappone), e la percezione del bio come sinonimo di qualità (40% e 51%) e di sicurezza ambientale (35% e 51%)”.

(Fonte: Com. Stampa Sana/8 settembre 2019)

*direttore Salerno Economy

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