20.4 C
Salerno
lunedì, Maggio 29, 2023
spot_img

Mila Vuolo, vino salernitano senza frontiere

di Ernesto Pappalardo*

Salerno-Roma e ritorno. Questa non è la storia di un “cervello in fuga”, ma di un “cervello” salernitano che non si sottrae al richiamo delle origini e sceglie di mettere mano al podere di famiglia sulle colline di Giovi che offrono ancora una vista spettacolare sul mare e sulle insenature della Costiera Amalfitana. Questa è la storia di Mila Vuolo che con un diploma in tasca conseguito al liceo classico “Tasso” ed una laurea in scienze dell’informazione ha lavorato per circa dodici anni in un’azienda dell’allora gruppo Telecom per poi scegliere di dare vita ad una piccola azienda (ancora oggi nella forma giuridica di ditta individuale) per produrre vino e olio con metodo rigorosamente biologico. Pochi chilometri dal caos cittadino e si arriva al cancello dell’Azienda agricola Vuolo.

Il legame

“Mi accorgo che si tratta del mio vino – ci racconta – dall’odore, dagli aromi che sprigiona anche se non guardo il bicchiere o la bottiglia. Mi capita di riconoscerlo appena entro magari in una sala dove è in corso una degustazione o quando lo servono durante una cena”. Basta questa descrizione del rapporto con il “suo” vino per comprendere il legame che l’ha portata ad abbandonare una “comoda” carriera romana per dedicarsi ad un’avventura non semplice. “Mi sono trovata a 25 anni, nel ‘90, in una città come Roma nell’anno dei mondiali di calcio, con una casa tutta mia, uno stipendio, un ambiente di lavoro interessante e allo stesso tempo divertente. Ho visto più concerti nel primo anno a Roma che in tutta la vita precedente a Salerno, ho conosciuto gente di tutto il mondo, ho cominciato a viaggiare, ho studiato le lingue, ma senza mai tagliare il cordone ombelicale con Salerno e in particolare col mare”. Ma che cosa è successo? Che cosa è scattato? “Dopo 12 anni a Roma la situazione era cambiata, il lavoro era diventato meno interessante e, allo stesso tempo, più formale. Mio padre non c’era più e c’era questa realtà (il podere di Giovi, ndr) di cui qualcuno doveva interessarsi. Appena si è presentata l’occasione, ho deciso di cambiare vita”.

La nascita dell’azienda

Insomma, Roma-Salerno. Fino a dicembre del 2001 era ancora al lavoro nella capitale. Dal 2002, invece, parte la “rivoluzione” e nel 2004 diventa anche formalmente titolare dell’azienda. Imprenditrice a tutti gli effetti. Un “capitale” di 13 ettari: circa 4 di vigneto, 4 di oliveto e 4 di noccioleto, oltre a piccole porzioni di terreno riservate a produzioni miste. “In realtà – racconta – mio padre, medico, aveva acquistato la proprietà nel 1980, e quando ritornai da Roma c’era ancora il colono con tutta la sua famiglia che si occupava di ogni cosa. Già si producevano vino. olio e nocciole, esattamente come accade ora che ci sono io. C’erano l’orto e gli alberi da frutta, come pure adesso. Ma, naturalmente, il mio progetto era quello di produrre principalmente vino, il mio vino”.

I vitigni, i numeri

E, quindi, inizia il percorso studiato – mettendo in pratica anche le competenze analitico/progettuali acquisite con la laurea e con oltre un decennio di lavoro in un’azienda che si occupava di progettazione e pianificazione strategica – per realizzare un vigneto ben strutturato. Il vigneto che è oggi è articolato per il 70% in vitigni di Aglianico, per il 20% in vitigni di Fiano e per il 10% in vitigni di Cabernet. La produzione è di nicchia, ma – come si evince dalle scelte di non pochi ristoranti stellati dislocati in tutt’Italia – di qualità. “Produco –  specifica Mila Vuolo – 10/12mila bottiglie di Aglianico Igt Colli di Salerno, tra le 2.500 e le 3.500 di Fiano Igt Colli di Salerno e poco più di mille di Cabernet Sauvignon, non Igt ma varietale”. E, poi, ricostruisce: “In realtà il cabernet era stato piantato per tagliare l’Aglianico, ma in considerazione dell’ottimo risultato della prima vendemmia – 2003 – con l’Aglianico in purezza, ho preferito continuare così e vinificare a parte il Cabernet. Quell’estate, infatti, era caldissima, e le piante di Cabernet non avevano prodotto nulla, mentre l’Aglianico era riuscito benissimo, anche meglio di quello che ci aspettavamo nelle previsioni che avevamo provato a fare con l’enologo (Guido Busatto, ndr)”.

I mercati esteri

In poco tempo si aprono anche nuovi orizzonti. Arrivano opportunità di fare conoscere il vino all’estero. Contatti con i distributori e le bottiglie da Giovi raggiungono gli Stati Uniti, la Svezia, la Germania, per qualche tempo anche la Danimarca (dove potrebbero presto ritornare). E stanno inoltre prendendo forma promettenti relazioni con Svizzera e Belgio. “Tra qualche mese – anticipa Vuolo – farò in giro in California dove potrebbero aprirsi nuove prospettive di commercializzazione”. Giro d’affari? “Parliamo di cifre – risponde – molto limitate in considerazione anche di una strategia commerciale che non intende puntare sulle vendite dirette e delle oggettive dimensioni ridotte della produzione. In pratica, meno di 20mila bottiglie, numero oscillante anche in considerazione delle condizioni climatiche che influenzano l’annata”. Prezzo in enoteca? Rossi intorno ai 25 euro, il bianco fiano intorno ai 15 euro.

Gli altri prodotti “green”

Tra i prodotti dell’azienda rientrano anche l’Olio Vuolo Dop Colline Salernitane – (sempre  biologico, cultivar: frantoio, leccino e, in piccola parte, rotondella, intorno ai 2.000 litri complessivamente) – e le nocciole, tipiche dei Monti Picentini. “Ma in questo caso – dice Vuolo con rammarico – non posso fregiarmi della denominazione Igp Nocciola Tonda di Giffoni perché il perimetro del comune di Salerno non rientra nell’area geografica del disciplinare”.

– pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) il 1 febbraio 2019

*direttore Salerno Economy

Articoli correlati

Stay Connected

3,883FansMi piace
8IscrittiIscriviti
- Casa editrice -spot_img

Ultimi articoli