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martedì, Ottobre 22, 2024
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Cucina monastica, ciò che passa il convento

Scopri i segreti della cucina monastica!

Viene chiamata anche conventuale la cucina monastica. Da ieri ad oggi è un patrimonio inestimabile da scoprire. Sono sapori, odori e segreti di una tradizione e di un’ospitalità secolari. Che poi sono gli ingredienti fondamentali della cucina dei monasteri, una proposta semplice che si esalta nella condivisione e nella sua dimensione conviviale.

 

cucina monastica

 

Chi ha fatto visita alla cucina della Certosa di San Lorenzo di Padula lo avrà capito di sicuro! Diversi studiosi affermano che l’arte culinaria europea e la relativa educazione alla tavola hanno avuto origine tra le mura dei monasteri e delle abbazie medioevali. Queste, infatti, sono le prime comunità ad occuparsi del senso e dello scopo dei cibi, svolgendo la doppia funzione di ospedale e di ricovero. La medicina era cosa del clero e gli scriptoria rappresentavano i baluardi della ricerca.

 

Poveri, malati, principi, laici, ecclesiastici, commercianti e pellegrini bussano frequentemente alle porte dei monasteri in cerca di ospitalità e aiuto. Le locande sono infatti rare. Indispensabile per conventi avere dispense ben fornite per la cucina monastica i cui prodotti arrivavano sia dalle proprietà terriere che dalle decime del contado. In queste piccole isole autonome si sviluppano quelle tecniche agricole, mediche e alimentari che danno vita alle cucine locali.

 

Ma cosa mangiavano i monaci?

In cosa consiste l’alimentazione giornaliera dei monaci? Cominciamo col dire che la Regola di San Benedetto prevede un pasto al giorno e alla sera una leggera collazione. Però, già dal IX secolo, le quantità di cibo consumate diventano notevolmente superiori rendendo più elastica la Regola. Si precisa, infatti, che: “Noi rimettiamo al giudizio e al potere dell’abate di aggiungere qualche cosa se è il caso”. Nei giorni di festa gli alimenti a disposizione del monaco aumentano ancora: di un quarto i cibi, della metà le bevande e, anche se sono contemplati momenti di digiuno e giorni dediti al mangiar di magro, in alcuni monasteri il numero delle ricorrenze raggiunge quota 156 per onorare, oltre alle classiche feste religiose, anche i patroni locali.

 

cucina monastica

 

La nascita dei primi ricettari della cucina monastica

Ma nelle comunità monastiche da chi sono ricoperti i vari ruoli? Abati e badesse sono nobili, mentre la cura dei campi, delle cantine e delle stalle viene affidata ai fraticelli e ai semplici laici. A cucinare pensano monaci e monache che sanno rielaborare le indicazioni dietetiche rintracciate nei vecchi manoscritti. Nascono così i primi appunti e le prime raccolte di ricette.

 

La cucina monastica è salutare 

I monasteri, per far fronte al loro impegno spirituale e di assistenza medica, sviluppano però, quasi automaticamente, una sorta di cucina salutare. Gli orti ricchi di spezieerbe medicinali ed ortaggi, assieme a vigneti e stagni, sono importanti fonti di risorse alimentari. Le conoscenze degli effetti salutari delle erbe, confluiscono progressivamente nella cucina quotidiana e diventa abitudine somministrare medicine con il cibo. Le pietanze di solito insipide, quindi, acquistano in sapore e è proprio questo effetto secondario, molto apprezzato, che fa scoccare la scintilla creatrice dell’arte culinaria. 

 

Fortunatamente, molte ricette conventuali sono sopravvissute al tempo e rappresentano un vademecum storico che racconta conoscenze e arti della dispensa, della cucina e della mensa dei frati e delle suore grandi esperti di coltivazione, ritmi stagionali dell’orto, scelta di materie prime e sana convivialità. A noi il piacere di scoprirle ed inserirle nei nostri menù familiari sapendo di arricchirli in tal modo di genuinità e spiritualità.

 

di Daniela Pastore

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