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giovedì, Novembre 7, 2024
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Pizza, oggi è la sua giornata mondiale

Ecco la storia della pizza, da gustare parola per parola!

La pizza è il piatto simbolo dell’Italia nel mondo. E viene celebrata proprio oggi nella giornata mondiale a lei dedicata.  Patrimonio culturale dell’umanità dal 2017, l’arte del pizzaiolo napoletano non ha confini. E racchiude in un disco di pasta tutto il senso di appartenenza e di identità non solo di Napoli ma dell’Italia intera.

 

pizza
La pizza margherita

 

Resta di sicuro tra i cibi più apprezzati in tutto il globo la pizza. E’ tra i comfort food più chiacchierati ed è nello stesso tempo anche l’apoteosi del gusto. Della convivialità. Dello star bene. A tavola e non solo.

 

E’ quel piatto che si prende cura di anima e cervello. Coccola il corpo ma ristora anche il cuore. E dopo una giornata decisamente no ha il potere di farci sentire bene. Protetti. Appagati. Facendoci mettere da parte, anche solo per poco, lo stress fisico ed emotivo accumulato durante la giornata. Dopo la “Dieta Mediterranea” iscritta nel 2013 e “La vite ad alberello di Pantelleria” nel 2014, parliamo del terzo tesoro gastronomico italiano mondiale. Ma vediamo di scoprire un po’ della sua affascinante storia.

 

pizza
Pizza con alici e olive nere

 

La storia della pizza

L’archeologia, come sempre, ci viene in aiuto. Già 7mila anni fa si cuoceva il pane lievitato in Sardegna. Cioè un impasto simile alla nostra pizza già veniva condito in modi diversi! I Persiani, sotto Dario il Grande nel VI secolo a.C., erano ghiotti di una focaccina con formaggio e datteri. In Grecia si mangiava il placous, un pane piatto aromatizzato con erbe, cipolla, formaggio e aglio. E finanche ad Enea e i suoi uomini fu preparato il pane pita con verdure cotte.

 

Ancora, gli Etruschi conoscevano la focaccia; in Emilia-Romagna c’era e c’è la piadina; sempre in Sardegna troviamo il pane carasau, la spianata e il pistoccu; il pane naan era invece tipico dell’Asia centro-meridionale.

 

La storia della pizza napoletana

Siamo nel Cinquecento. E fa furore una focaccia di galette chiamata pizza. Era il piatto dei poveri, venduto per strada. Che piacque col tempo anche ai nobili borbonici. Ne esistevano diverse varianti. Quella ai “cecinielli” con minutaglia di pesce. E la “mastunicola” con basilico, strutto, formaggio e pepe. La prima unione tra la pasta ed il pomodoro avviene a metà Settecento.

 

pizza pomodorini
Pizza con pomodorini e ‘nduja

 

La leggenda

Si racconta di un dono che l’11 giugno 1889 fu realizzato in onore della regina d’Italia. L’artefice fu il pizzaiolo napoletano Raffaele Esposito. Per Margherita di Savoia creò una pizza che portava il suo nome. Semplicissima e squisita. Pochi e gustosi ingredienti. Pomodori, mozzarella e basilico. Con lo scopo di rappresentare i colori nazionali italiani. Come sulla bandiera nazionale. In realtà, questa esisteva già da diversi decenni.

 

Infatti, viene descritta in un libro del 1866 insieme al calzone e alla marinara, molto amata dai pescatori al rientro dal mare. Arriviamo agli inizi del Novecento. Da tipicità napoletana questo piatto si diffonde un po’ in tutta la penisola. E al nord arriva col secondo dopoguerra grazie alla complicità dei campani in cerca di fortuna.

 

pizza cornicione
l cornicione tanto chiacchierato della pizza napoletana

 

Il disciplinare internazionale

E’ il disciplinare internazionale a stabilire nel dettaglio modalità e tempistiche di realizzazione della pizza. Dall’impasto alla cottura. Così per chiamare una pizza “vera pizza napoletana” dal 1984 non ci sono più dubbi. L’Associazione Verace Pizza Napoletana ha codificato le regole e i segreti che generazioni di pizzaioli si tramandavano di padre in figlio. E sono stati due autentici guru, Antonio Pace e Lello Surace, a promuovere il sodalizio!

 

Obiettivo? Tutelare l’unicità e la tradizione legata all’impasto più famoso al mondo. Così, il nome della vera pizza fatta a Napoli può essere attribuito solo a due tipi. Alla marinara, cioè quella preparata con pomodoro, olio, origano e aglio. E alla margherita! Vale a dire con pomodoro, olio, mozzarella o fior di latte, formaggio grattugiato e basilico.

 

Scopriamo insieme quali sono i dettami da osservare per preparare la pizza! Innanzitutto il diametro non deve superare i 35 cm, comprendendo anche il cornicione. Che non deve avere né bolle né bruciature. Morbida, fragrante e facilmente piegabile a libretto, la pizza va fatta con farina di grano tenero tipo 00 o 0 e si può aggiungere in piccole percentuali anche la tipo 1. Poi acqua tra i 16 e i 22° C, sale e lievito di birra.

 

pizza panetti
I panetti della pizza napoletana

 

Le dosi del disciplinare per la vera pizza napoletana

Per venirci incontro nel disciplinare si riporta un esempio. Le dosi sono chiare.

 

La quantità di acqua e sale

Per non commettere errori basiamoci su 1 litro di acqua. Occorrono quindi dai 40 ai 60 grammi di sale.

 

Il lievito

Quanto al lievito c’è una distinzione da tenere presente. Se fresco, dobbiamo attenerci tra lo 0,1 ai 3 grammi. Nel caso sia secco, invece, il rapporto è 1 a 3. Cioè 1 grammo di secco corrisponde a 3 di fresco. Col lievito madre saliamo tra il 5 e il 20% della farina utilizzata. Peso che varia tra 1,6 e 1,8 chili.

 

Le due fermentazioni

Intanto le fermentazioni devono essere necessariamente due. Innanzitutto si lascia riposare l’impasto per innescare la prima. E si staccano panetti di peso compreso tra i 200 e i 280 grammi. Inoltre, si specifica che la seconda maturazione va eseguita in cassette. Il tutto a temperatura ambiente.

 

I tempi di lievitazione della pizza

Anche sui tempi complessivi di fermentazione c’è poco spazio a dubbi. Minimo 8, massimo 24 ore. E consideriamo anche l’eventuale aggiunta delle ore di lavorazione. In altri termini, massimo 4 ore. Qui entrano in gioco diversi fattori. La tipologia di farina utilizzata, la temperatura, l’umidità e il tempo di utilizzo.

 

*Foto IStock

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