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sabato, Luglio 27, 2024
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Mario Mazzitelli, il vino è passione

Ci accoglie con un sorriso a 32 denti. Non ci vediamo da un po’, ma è come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Dai banchi del liceo ad oggi, di acqua ne è passata sotto i ponti. Certo, ci siamo incrociati spesso ad eventi, ma da tempo non lo andavamo a trovare in azienda (Lunarossa, vini e passione: già il nome è tutto un manifesto programmatico). E Mario Mazzitelli fa trasparire tutta la sua soddisfazione. Prima di enologo, poi di vignaiolo. Ci fa sentire a casa il suo “dottoressa”. E di lì non ci fermiamo più.

Il nostro tour in azienda

Un giro in cantina, le caratteristiche anfore che custodiscono i preziosi vini, le confidenze di una passione che dura vita: arriviamo a Giffoni Valle Piana in un pomeriggio invernale piovoso e poco assolato. Ci conquistano i suoi racconti sugli influssi magici che la luna regala ai fluidi e ai prodotti della terra. Su tutti, i travasi che secondo i contadini più anziani devono avvenire con la luna piena.

I vini

Ci illustra subito i vitigni prediletti (autoctoni in primis, ma senza disdegnare quelli internazionali) e le linee che produce. Camporeale e Costacielo innanzitutto. La prima comprende un Aglianico e una Falanghina Igp Campania, volutamente beverini e poco alcolici, profumati e rotondi, facili e sinceri, mentre la seconda partorisce tutte e tre le tipologie: un rosso ricavato da un blend di Aglianico appena domato dalla dolcezza del Cabernet Sauvignon, un bianco dove la Falanghina di Castel Venere e il Fiano dei Colli di Salerno insieme danno vita ad una struttura dalla vitalità sorprendente e un rosato ottenuto da Merlot e il Cabernet.

I dettagli

Ci intratteniamo per chiacchierare in una bella cantina dove gelosamente custodisce una collezione che farebbe invidia a chiunque. Al nostro occhio attento non sfuggono il Quartara e il Borgomastro, i due cru. Vogliamo spiegazioni: nel primo caso, il Fiano in purezza viene lavorato alla maniera degli antichi nelle omonime anfore, contenitori “vivi” di terracotta interrati nella bottaia della cantina e da sempre complici da sempre nelle fermentazioni dei vini; nel secondo (un Aglianico, sempre in purezza) ci incuriosisce il baffo dell’etichetta e ci confida che si tratta del saggio del vicino borgo di Terravecchia a cui tutti si rivolgono per consigli e vi assicuriamo che la lunga macerazione delle bucce e il successivo passaggio in botti di rovere francese gli donano un mirabile equilibrio – solo in apparenza contraddittorio – che vale l’intero viaggio. Ci portiamo però i compiti a casa. Il Rossomarea. Lo beviamo dopo qualche giorno per scoprire un blend di Aglianico e Merlot accattivante e seducente.

Le anfore

Intanto, però, approfondiamo il discorso delle anfore. Al 2007 risale la prima vendemmia con questa tecnica, un primato in tutta la provincia di Salerno. E Mario parla da studioso: “Ho voluto sperimentare le diverse possibilità legate ai serbatoi dell’antichità e l’argilla è un materiale naturale da sempre usato per il trasporto del vino oltre che per la sua conservazione. La utilizzo per fermentare, per stoccare e chiarificare”. Nella sua azienda sostenibile, l’agricoltura risponde ai requisiti di rispetto assoluto per i cicli di madre natura e sono banditi i trattamenti chimici; la terra viene lavorata con semplici arature e si preferiscono unicamente i lieviti autoctoni. Sempre con un’unica parola d’ordine che rima con qualità.

Accoglienza in cantina

Anche il progetto UVA ne è un sinonimo. “Lo abbiamo pensato per gli enoappassionati e punta a recuperare le vecchie vigne abbandonate – ci dice – facciamo adottare un filare e chi aderisce a questa iniziativa può seguire tutte le fasi della lavorazione, dalla raccolta alla trasformazione fino all’assaggio delle varie evoluzioni in modo che chiunque può farsi il proprio vino”. Ma la curiosità ha la meglio. E quando lo stuzzichiamo sul suo sogno nel cassetto, la battuta finale è riservata ad una bollicina con metodo classico. E chissà che la prossima volta non ci accoglierà proprio così…

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